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LA SFIDA DI KIM JONG-UN: ALLARME ROSSO NUCLEARE

 

Il nuovo missile coreano cambia le regole del gioco. Come funziona, quanti sono le armi nucleari, chi le possiede, che futuro ci attende e perché l'Italia non è solo un semplice spettatore.

 

IMPIANTATO IL PRIMO ORECCHIO BIONICO STAMPATO IN 3D

Eccezionale intervento ricostruttivo negli Stati Uniti apre le porte ad impensabili sviluppi nel campo della medicina rigenerativa e nei trapianti


Ha 20 anni, è messicana, e si chiama come una famoso apparato tecnologico diffuso da Amazon, Alexa. Da oggi, anche lei, ha qualcosa di futuribile impiantato nel proprio corpo. Un orecchio stampato in 3D realizzato con le cellule della stessa donna. Ne da notizia  il New York Times e rappresenta un straordinario progresso nel campo dell’ingegneria dei tessuti. Il capolavoro si è reso possibile grazie alla tecnologia sviluppata da un’azienda biotech americana, la 3DBio Therapeutics, leader nella medicina rigenerativa attraverso la biostampa in 3D per fornire tessuti ed organi viventi, funzionali e personalizzati, progettati secondo le esigenze sanitarie dei pazienti. La paziente che ha ricevuto l’orecchio bionico fa parte di una sperimentazione clinica che comprende 11 pazienti. Alexa era affetta da microtia, un raro difetto congenito che rende la parte esterna dell’orecchio piccolo e deformato. L’intervento è avvenuto nel marzo scorso ma è stato comunicato solo adesso e tutto sta procedendo bene. Il fatto che le cellule che hanno ricostituito il nuovo orecchio provengano dal tessuto stesso del paziente fa ben sperare e bassa la probabilità di rigetto. Anzi, l’orecchio bionico sta continuando a rigenerare il tessuto cartilagineo, conferendogli un aspetto naturale.
Le fasi dell’intervento sono degne di nota: un chirurgo ha rimosso una parte di cartilagine dal moncone esistente della paziente ed assieme ad una stampa in 3D dell’altro orecchio sano, sono stati inviati all’azienda 3DBio. Qui le cellule viventi sono state mescolate con il bioinchiostro a base di collagene prodotto dall’azienda. Questo è stato inserito con una siringa nella biostampante, la quale ha spruzzato il materiale replicando l’orecchio sano della paziente, così come un qualunque processo di riproduzione in 3D. La forma dell’orecchio stampata è stata spedita in un guscio protettivo in celle frigorifere ed il chirurgo, ricevuto il pacco (magari proprio da Amazon…) ha impiantato l’orecchio bionico sotto la pelle della paziente. Quando la pelle è stata tesa attorno all’impianto, è emersa la forma del nuovo orecchio.
I dirigenti dell’azienda 3DBio affermano che tale tecnologia potrà essere usata in altre parti del corpo come il naso, i dischi spinali, il menisco del ginocchio e la cuffia dei rotatori. Ma apre la strada anche alla produzione in 3D di organi vitali ben più complessi come il fegato, i reni e persino il pancreas, rivoluzionando il settore dei trapianti e l’aspettativa di vita dei pazienti affetti da gravi malattie. Certo, il percorso verso il trapianto in 3D di organi importanti del corpo umano è ancora molto lungo ma questa nuova tecnologia, che sta muovendo i primi passi, rappresenta un decisivo passo in avanti. La domanda da porsi adesso non è ‘se’ ma ‘quando’ sarà possibile. Sicuramente siamo testimoni di una rivoluzione scientifica che rappresenterà una pietra miliare nell’utilizzo della tecnologia 3D nei trapianti rigenerativi sull’essere umano.

 

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Il lancio da parte della Corea del Nord  di un nuovo missile balistico intercontinentale, avvenuto nel mese di dicembre 2023, accende l’attenzione e pone alla ribalta la questione degli armamenti nucleari, la loro dislocazione nel pianeta ed i sistemi di difesa presenti nei vari continenti. Un valido aiuto in questa ricerca viene fornito dal Bulletin of the Atomic Scientists pubblicato online a novembre scorso, in open source, e che rappresenta una vera e propria miniera aggiornata di dati sulle armi nucleari presenti sula terra.
Ma, andiamo con ordine e partiamo dal sopra citato lancio coreano e perché tale evento segna una pericolosa escalation, soprattutto tra Kim Jong-un  da una parte e gli Stati Uniti e la Corea del Sud dall’altra.
Come ampiamente riportato dagli organi di stampa, un missile balistico intercontinentale di fabbricazione coreana è stato lanciato il 18 dicembre scorso, volando per 73 minuti, raggiungendo una altezza massima di oltre sei kilometri di altitudine e percorrendo ben mille kilometri.
Si tratta del nuovo modello Hwasong-18 ed un pò di dati aiutano a capire meglio di che cosa stiamo parlando. Questo missile ha una massa complessiva di 60 tonnellate, è lungo circa 25 metri ed ha un diametro di due. Si compone di tre stadi, utilizzando carburante prevalentemente solido. Il suo raggio di azione è di 15 mila kilometri, in grado quindi di colpire quasi tutto il globo terrestre (rimane escluso il sud America, l’Argentina). La velocità massima raggiunge oltre 30 mila kilometri l’ora e può ospitare al suo interno vari tipi di testate: nucleari, chimiche o batteriologiche. Il funzionamento di questo tipo di missile, che è l’evoluzione del Hwasong-15 e di cui ha parlato approfonditamente Focus, è molto semplice. Un missile balistico intercontinentale viene lanciato da una postazione di terra o di mare. Il decollo verticale dura circa 5 minuti, entra nello spazio ad una velocità di quasi 30 mila kilometri l’ora, andando ad un’altezza di circa 10 volte quella della stazione spaziale orbitante, mantiene la rotta nello spazio e poi, grazie alla correzione effettuata da alcuni piccoli motori, rientra nell’atmosfera, colpendo con parabola discendente l’obiettivo prefissato. 

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Ma quante sono le testate esistenti sul pianeta e che possono costituire il contenuto di distruzione planetaria da inserire in questi ordigni balistici? Come riportato nell’ultimo bollettino ad opera degli scienziati atomici, sono 12.512 le testate nucleari stimate nel mondo, ed appartengono prevalentemente a soli nove paesi. Tuttavia, ci sono più di due dozzine di altri paesi, tra cui l’Italia,  che partecipano ad accordi relativi alle missioni nucleari. Sebbene questi ultimi non abbiano autorità diretta sul lancio di alcuna testata nucleare, svolgono un ruolo importante nello stoccaggio, nella pianificazione, nella consegna, nella sicurezza e nel controllo dell’uso, e quindi meritano un certo grado di controllo insieme ai loro omologhi dotati di armi nucleari. Abbiamo parlato del nostro paese. Come rivelato dal bollettino, esistono dalle 30 alle 45 testate nucleari presenti sul nostro territorio e custodite in due basi statunitensi: la base aerea di Aviano, vicino Pordenone e quella di Ghedi, vicino Brescia. Come scritto nel report, Aviano ospita circa 20/30 bombe nucleari B61 statunitensi destinate al lancio da parte di aerei F-16C/D Usa. La Base ospita il 31° Stormo Caccia con i suoi due squadroni di velivoli con capacità nucleare: il 510° Squadrone Caccia “Poiane” ed il 555° Squadrone Caccia “Triple Nickel”.
Dei 18 depositi di stoccaggio di Aviano, si stima che solo 11 siano attivi, tutti all'interno di un perimetro di sicurezza costruito nel 2015. La capacità massima della base è di 44 armamenti nucleari complessivi.
La Base aerea di Ghedi, invece, ospita circa 10/15 bombe nucleari statunitensi B61, destinate agli aerei italiani PA-200 Tornado.
Ci sono 22 rifugi protettivi presso questa  base aerea. Nel 2020 attorno ai rifugi è stato costruito un nuovo perimetro di alta sicurezza con doppia recinzione, suggerendo che questo gruppo sia ben attivo. Ma non solo, come riporta il bollettino, ci sono lavori in corso che comprendono una nuova pista di atterraggio ed un'area di rifugio per gli aerei F-35A in consegna per l’Italia, un nuovo edificio di supporto drive-through per i camion di manutenzione delle armi nucleari, nonché una nuova pista per gli aerei da trasporto C-17A.
Sempre nel report si legge che gli Stati Uniti stanno modernizzando le infrastrutture che supportano la loro missione di condivisione nucleare in Europa e si stanno preparando a schierare le loro nuove bombe a gravità B61-12 nelle basi aeree europee, quindi anche in Italia. Nel frattempo, in seguito al conflitto in Ucraina, la Russia sta trasferendo sistemi di lancio con capacità nucleare alla Bielorussia, addestrando il personale militare su come usarli.
La partecipazione agli accordi legati al nucleare aumenterà nei prossimi anni, poiché i nuovi membri della NATO, Svezia e Finlandia, si uniranno al Gruppo di pianificazione nucleare dell'Alleanza e decideranno potenzialmente di partecipare e paesi come la Polonia e la Corea del Sud hanno sostenuto un ruolo attivo nell’iniziativa della missione nucleare degli Stati Uniti. E’ chiaramente tutto collegato.

STRAGE TEXAS, POLIZIA SOTTO ACCUSA

Alla fine sul banco degli imputati sta finendo la polizia locale per la lentezza nell'intervento alla strage avvenuta nella scuoa elementare nel Texas. Si ammettono i ritardi, si chiede scusa ma, ora, i vertici locali rischiano l'incriminazione.

MASCHERINA AVANTI TUTTA

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Tornando ai numeri delle testate, riportato dal Bollettino, premesso che un numero esatto è sempre difficile da quantificarsi, vista la segretezza che aleggia sulla materia, questi sono i paesi che dispongono o si prendono cura di custodire le testate:
La Russia, con 5889 è la prima, seguita dagli Usa con 5244 e poi la Cina con 410. La Francia ne detiene 290, il Regno Unito 225, Pakistan ed India rispettivamente 170 e 164, Israele ne ha 90, l’Italia 30 come la Corea del Nord, mentre la Turchia ne possiede 20 e la Germania 15. Numeri da fare venire i brividi, basti pensare che un solo ordigno sarebbe in grado di devastare una intera metropoli.
Tirando un pò le fila del discorso, sapendo che occorrerebbe circa un’ora ad un missile balistico per colpire un obiettivo sul pianeta, la domanda sorge spontanea: come difendersi? Parliamo in questo caso di scudo missilistico. Come riportato da Il Sole 24 Ore in un suo articolo, solamente Usa e Russia hanno costruito un ombrello protettivo completo sui loro rispettivi paesi in grado di intercettare qualunque tipo di missile ed anche Israele ne possiede uno molto affidabile ed estremamente costoso. In Europa è presente dal 2016 B.M.D., acronimo di Balistic Missile defense, lo scudo Nato con basi operative in Turchia, Romania, Polonia, Germania (dove ha sede il centro di comando) e Spagna. Come riportato da hdblog.it in un suo articolo pubblicato recentemente, lo scudo Nato funziona in tre fasi. La prima riguarda le nostre sentinelle, i satelliti, che sorvegliano l’area europea ed intercettano per primi il pericolo. La seconda fase è affidata ai radar che identificano e tracciano la traiettoria del nemico attaccante, infine nella terza fase gli intercettori intervengono colpendo con sistemi missilistici all’esterno dell’atmosfera o, in casi estremi con latitudini inferiori affidati ai Patriot. Ma c’è un grosso ma, anzi ce ne sono ben due: il primo è che l’area di copertura dell’ombrello Nato non è così capillare come quella dei due maggiori rivali, Usa e Russia e la seconda è che il sistema non è infallibile, soprattutto il missile ipersonico Zircon, ultimo gioiello russo, viaggiando in stratosfera a ben 11 mila kilometri l’ora, può sfuggire al sistema difensivo. Ed è per questo che la Nato sta predisponendo uno scudo più performante che però non sarà pronto prima del 2030. Ecco quindi, ritornando all’inizio, che il lancio del missile coreano in grado di colpire qualunque parte del globo e, soprattutto, il nemico a stelle e strisce, rappresenta un salto di specie da monitorare con attenzione. Certo, queste armi di distruzione di massa vengono usate prevalentemente come arma di propaganda, un deterrente da sfoggiare e di cui vantarsi. Ma le nuove armi tecnologiche, il progresso di ammodernamento degli arsenali, procede in una direzione molto più pericolosa rispetto al panorama esistente. L’Intelligenza Artificiale e lo sviluppo di nuovi sistemi, fa intravedere la creazione di nuove armi sicuramente meno potenti, le cosiddette armi tattiche nucleari, ma estremamente letali, in grado di agire chirurgicamente su di un territorio regionale, limitando, si fa per dire, i danni ad uno spazio ben preciso. Questo è il vero pericolo: piccole guerre locali con armi non convenzionali. Se poi si aggiunge tutto il lavoro compiuto nella cyberwar ed i progressi compiuti dai pirati informatici allora ben si comprende che siamo solo agli inizi di una evoluzione di cambiamenti strategici militari estremamente pericolosi. Sappiamo bene che la malvagità umana è dotata di una fantasia inimmaginabile che in fatto di male non conosce limite. Ecco il vero nemico.

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